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A partire da quest’anno scolastico 2024/2025 nelle scuole di tutta Italia sarà in vigore il divieto allo smartphone in classe, anche per fini educativi e didattici, dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola media. Lo ha deciso il ministro dell’Istruzione Valditara.

Le ragioni che hanno spinto al divieto dello smartphone a scuola sono molteplici, in primis il fatto che la presenza del cellulare in classe diventa una fonte di distrazione continua difficile da regolamentare. Negli ultimi anni la scuola stessa ha trasferito la didattica sui dispositivi digitali, anche per restare al passo con il resto d’Europa, dopo aver introdotto il registro elettronico ora le viene chiesto di lasciare lo smartphone fuori dalle aule e di ritornare al diario cartaceo. Per alcuni un’assurdità.

Contemporaneamente è partita una petizione su Change.org, da alcuni già definita una “missione impossibile”, per l’estensione del divieto al possesso di uno smartphone agli under 14 e dell’utilizzo dei Social agli under 16. A proporla sono stati i pedagogisti Alberto Pellai e Daniele Novara e in pochi giorni ha raggiunto già le 5000 firme e che mi trova idealmente concorde.

Secondo molti, generalizzare il divieto all’utilizzo dello smartphone agli under 14 avrebbe come effetto solo quello di rendere ancora più desiderabile ciò che si sta proibendo.

Sebbene la proposta sia condivisibile dalla maggioranza dei genitori in linea teorica, l’applicazione del divieto sembra essere impraticabile. Il divieto chiamerebbe di fatto in causa gli stessi genitori che di fatto fanno difficoltà quanto e come i ragazzi a disciplinare il proprio utilizzo di uno strumento di fatto indispensabile e onnipresente nelle loro vite lavorative e non solo.

Dobbiamo riconoscere che combattiamo una battaglia contro la tecnologia ad armi impari, la cui unica possibilità di vittoria consiste nel conoscere bene sia noi stessi sia la “tecnologia nemica”. 

Se conosci il nemico e te stesso, la vittoria è sicura.

Se conosci te stesso ma non il nemico, la tua probabilità di vincere e perdere sono uguali.

Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso soccomberai in ogni battaglia.

Sun Tzu

Perché il divieto allo smartphone rischia di essere inapplicabile? 

  1. App, Social e giochi online fanno leva su un sistema di ricompensa che porta all’abuso e alla dipendenza

Il termine rinforzo si riferisce ad uno stimolo (o evento) che funge da ricompensa aumentando la probabilità che un determinato comportamento si ripeta in futuro.

Uno dei contributi più significativi nelle ricerche sui sistemi di ricompensa è stata la scoperta che il rinforzo intermittente – ovvero un rinforzo somministrato in modo irregolare piuttosto che continuo – è particolarmente efficace nel contribuire alla ripetizione del comportamento ricompensato. Questo perché l’incertezza su quando il rinforzo viene somministrato mantiene alta la motivazione a ripetere il comportamento in attesa del rinforzo.

Il rinforzo intermittente è sfruttato in modo massiccio dalle piattaforme social e dai giochi online. Ad esempio, quando scorriamo un feed di notizie su un social network o dei video su youtube, riceviamo rinforzi in modo intermittente: solo ogni tanto ci imbattiamo in qualcosa di interessante o che catturi la nostra attenzione, come un video di nostro gradimento, un like su un nostro post o un commento positivo ad una storia che abbiamo condiviso. Questa imprevedibilità mantiene l’utente coinvolto e costantemente in attesa di nuove notifiche, creando un ciclo di controllo continuo.

Nell’ambito delle tecnologie moderne, le ricerche sul condizionamento possono spiegarci cosa ci accade quando riceviamo un messaggio o un like. Anche se il contenuto della notifica non ci è ancora noto, la reazione emotiva di eccitazione con conseguente scarica di dopamina è immediata ed anticipa lo stimolo.

Allo stesso modo, i giochi online spesso utilizzano meccanismi di ricompensa variabili, come premi casuali o “loot boxes”, che stimolano il giocatore a continuare a giocare nella speranza di ricevere una ricompensa. Anche in questi casi, l’imprevedibilità del rinforzo crea una forte dipendenza psicologica.

  1. Abbiamo paura di restare esclusi

La “Fear of Missing Out” (FOMO), o paura di perdere qualcosa di importante, è un’altra debolezza psicologica che viene manipolata dalla tecnologia. Le notifiche costanti e gli aggiornamenti in tempo reale ci tengono legati ai nostri dispositivi e per paura di perdere un messaggio, una notizia o un evento significativo siamo sempre connessi. I social media alimentano questa ansia inviandoci continue notifiche.

Il fenomeno della paura di perdere qualcosa di importante (FOMO, dall’inglese “Fear Of Missing Out”) è diventato sempre più comune con l’uso diffuso dei social media e delle tecnologie digitali. Questa paura è spesso associata all’ansia di non essere aggiornati su eventi sociali, notizie o attività dei propri contatti, e viene amplificata dalle notifiche continue sui nostri dispositivi.

Le ricerche hanno dimostrato che questa costante connessione e il bombardamento di notifiche possono influenzare non solo la nostra mente, ma anche il nostro corpo, causando un aumento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress.

Le notifiche Digitali causano stress

Le notifiche sui dispositivi digitali sono progettate per attirare la nostra attenzione immediatamente, creando una risposta quasi automatica a controllare il dispositivo. Questa risposta non è solo comportamentale, ma ha anche un impatto fisiologico. La ricerca ha dimostrato che ricevere una notifica inaspettata causa un immediato aumento dei livelli di cortisolo, l’ormone associato allo stress.

  1. Cerchiamo riconoscimento e approvazione costantemente

Il bisogno di riconoscimento e di approvazione sociale fanno parte dell’essere umano. Fin da bambini cerchiamo l’approvazione e la validazione da parte di genitori, insegnanti e coetanei per definire la nostra identità e costruire un senso di autostima e fiducia in noi stessi.

Le piattaforme tecnologiche, in particolare i social media, capitalizzano su questo bisogno creando sistemi di feedback come i “like”, i commenti e le condivisioni. Questi meccanismi di riconoscimento sociale non solo alimentano la nostra autostima, ma ci spingono a tornare sulle piattaforme per ottenere ulteriori conferme ed interazioni sociali.

Il bisogno di riconoscimento può anche alimentare una vera e propria competizione per la visibilità, spingendo alcuni utenti a presentare una versione idealizzata di sé che non trova corrispondenza nella realtà.

  1.  I social fanno leva sul principio di reciprocità

Il bisogno di ricambiare gli altri, noto anche come principio della reciprocità, è una delle norme sociali più potenti che influenzano il comportamento umano. Questo principio si basa sull’idea che quando qualcuno ci fa un favore o ci offre qualcosa, ci sentiamo obbligati a ricambiare il gesto. Questa norma è profondamente radicata nelle interazioni umane e ha un grande impatto su come ci comportiamo nelle nostre relazioni sociali, professionali e persino nei contesti di marketing.

Il principio della reciprocità, secondo cui le persone si sentono in dovere di ricambiare quando ricevono qualcosa, è spesso utilizzato nel marketing digitale. Le aziende offrono contenuti gratuiti, prove gratuite o sconti, creando un senso di obbligo nel consumatore a ricambiare il favore attraverso acquisti o ulteriori interazioni. Questo meccanismo psicologico è anche visibile nelle dinamiche social online, dove il “seguire” qualcuno spesso induce a essere seguiti a propria volta.

  1. Siamo insaziabili di notizie e informazioni

L’essere umano è naturalmente curioso e insaziabile di informazioni. Questo desiderio è sfruttato dalla tecnologia attraverso la disponibilità costante di contenuti, notizie e aggiornamenti. I feed infiniti sui social media e le piattaforme di notizie creano un flusso continuo di informazioni, alimentando il bisogno incessante di restare aggiornati e, di conseguenza, di trascorrere più tempo sui dispositivi digitali.

Nella società moderna, siamo continuamente bombardati da informazioni provenienti da ogni direzione: smartphone, computer, televisioni, cartelloni pubblicitari, social media e molto altro ancora. Sebbene l’accesso a un’ampia gamma di informazioni possa sembrare vantaggioso, il nostro cervello ha dei limiti su quanto può elaborare efficacemente. Questo eccesso di informazioni può portare a quello che è noto come stress da sovraccarico di informazioni o “information overload”.

Con l’avvento di internet e la rivoluzione digitale, lo stress da sovraccarico è caratterizzato da sensazioni di ansia, affaticamento mentale, confusione e incapacità di prendere decisioni informate. Quando il cervello è costantemente sovraccaricato di dati e stimoli, diventa difficile concentrarsi su un compito specifico, portando a un calo della produttività e della qualità del lavoro.

  1. Siamo inclini alla distrazione

Infine, la nostra propensione alla distrazione è un’altra debolezza psicologica sfruttata dalla tecnologia. Le notifiche, gli avvisi sonori e le vibrazioni dei nostri dispositivi interrompono costantemente la nostra concentrazione. Le app e le piattaforme online sono progettate per catturare la nostra attenzione il più a lungo possibile, utilizzando colori brillanti, animazioni e altri elementi visivi accattivanti che distolgono facilmente la nostra attenzione.

Nella società moderna, la distrazione è diventata una delle principali sfide nell’ambito della produttività e dell’efficienza. L’abbondanza di stimoli digitali e le notifiche costanti sui dispositivi elettronici contribuiscono a una riduzione della capacità di mantenere la concentrazione per lunghi periodi. Una ricerca interessante in questo campo è quella che ha evidenziato che, in media, le persone si distraggono ogni 40 secondi durante l’utilizzo di dispositivi digitali.

La ricerca dei “40 Secondi”

La ricerca dei “40 secondi” è stata condotta da Gloria Mark, una studiosa di informatica all’Università della California, Irvine, che ha studiato l’interazione degli esseri umani con la tecnologia e come essa influenzi la loro capacità di concentrazione. In uno dei suoi studi, Mark e il suo team hanno osservato i lavoratori in ufficio per capire quanto spesso le persone si distraggono durante il lavoro.

I risultati della ricerca sono stati sorprendenti: in media, una persona si distrae o cambia attività ogni 40 secondi quando lavora al computer. Questo include passare da una finestra all’altra, controllare le e-mail, rispondere a messaggi, o interagire con altre notifiche sullo schermo. Questa frequenza di distrazione è estremamente alta, soprattutto considerando il fatto che per ritornare completamente concentrati su un’attività dopo una distrazione, può essere necessario molto tempo (circa 25 minuti).

  1. Lo schermo ci protegge dai rischi delle relazioni dal vivo

I social offrono uno spazio virtuale in cui è possibile condividere pensieri, idee e critiche in modo protetto, spesso dietro l’anonimato o comunque la protezione di uno schermo. Questo permette di evitare le conseguenze emotive e sociali che potrebbero derivare da un’interazione faccia a faccia, come il rifiuto, la disapprovazione o l’imbarazzo. Le relazioni sono investimenti ad alto rischio e possono spezzarci il cuore, lo schermo funge da scudo nei confronti del nostro essere vulnerabili al rifiuto e al giudizio degli altri.

In questo modo, i social diventano una sorta di “zona protetta” dove esprimere opinioni o sperimentare idee che si potrebbe non avere il coraggio di esporre apertamente nella vita reale. Tuttavia, questa dinamica può anche ridurre il coinvolgimento autentico e la crescita personale, poiché la mancanza di un confronto diretto limita lo sviluppo di capacità comunicative, empatiche e di gestione del conflitto. Di conseguenza, l’uso dei social come “scudo” che ci protegge nelle relazioni con gli altri, se da una parte ci fa sentire più sicuri dall’altra rappresenta un modo per evitare ciò che non sappiamo affrontare in prima persona e che continuerà a farci paura.

Conclusioni

In un mondo sempre più dominato dalla tecnologia, è essenziale essere consapevoli di come le piattaforme digitali sfruttino le nostre vulnerabilità psicologiche a scopo di lucro. Comprendere queste dinamiche può aiutarci a prendere decisioni più consapevoli e responsabili su come utilizzare questo strumento e su come proporlo ai nostri figli. Se vuoi ricevere alcuni consigli utili su come introdurre e regolamentare l’utilizzo dello smartphone in famiglia, sono a tua disposizione. Se pensi che questo articolo ti sia stato utile condividilo con chi ti sta a cuore.